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Progetto
Ovidio - database
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autore
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Cicerone
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De Natura Deorum, I, 123
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originale
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[123] Ludimur ab homine non tam faceto quam ad scribendi licentiam libero. Quae enim potest esse sanctitas, si dii humana non curant, quae autem animans natura nihil curans? Verius est igitur nimirum illud, quod familiaris omnium nostrum Posidonius disseruit in libro quinto de natura deorum, nullos esse deos Epicuro videri, quaeque is de deis inmortalibus dixerit invidiae detestandae gratia dixisse; neque enim tam desipiens fuisset, ut homunculi similem deum fingeret, liniamentis dumtaxat extremis, non habitu solido, membris hominis praeditum omnibus usu membrorum ne minimo quidem, exilem quendam atque perlucidum, nihil cuiquam tribuentem, nihil gratificantem, omnino nihil curantem, nihil agentem. Quae natura primum nulla esse potest, idque videns Epicurus re tollit, oratione relinquit deos;
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traduzione
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123. E' vero, ma questo ? uno scherzo di un uomo non tanto spiritoso quanto libero di scrivere le sciocchezze che
vuole. Come pu? esistere la santit? se gli d?i non si occupano delle faccende umane? E come pu? esistere una creatura
vivente che non si curi di nulla? Assai pi? vicina al vero ? senza dubbio la tesi sostenuta da Posidonio nel quinto libro
del suo trattato sulla natura degli d?i. Pensa Posidonio che Epicuro non credesse affatto negli d?i e che parlasse di loro
solo per evitare l'odiosit? connessa con l'ateismo: non sarebbe stato tanto sciocco dall'immaginare un dio simile ad un
uomo qualsiasi e, per giunta, solo nelle forme esteriori, ma senza concreta consistenza, fornito di tutte le membra
proprie dell'uomo, ma senza alcuna possibilit? di farne uso, sottile e trasparente, incapace di donare o di beneficare
chicchessia, alieno da ogni preoccupazione od attivit?. Ma un essere del genere non pu? innanzitutto, esistere ed
Epicuro, accorgendosi di questo, fin? con l'eliminare di fatto gli d?i lasciandoli sopravvivere soltanto a parole.
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